venerdì 13 giugno 2008

Il “debutto” del Partito Democratico


Diciotto persone, molte delle quali completamente nuove alla politica, si sono assunte l’onere di guidare quella nuova formazione politica che si chiama Partito Democratico. Molte di queste, con tutta probabilità, il prossimo anno verranno candidate nella lista che contenderà allo schieramento avverso la guida della città. Sanno già tutto di politica amministrativa? Sono già stati informati da Sindaco e Giunta sulle linee programmatiche del triennio 2008/2010 e, naturalmente, di quelle del presente esercizio finanziario? Diamo per scontato che questo sia avvenuto. Ma non è importante ascoltare anche un dibattito, che magari qualche volta scade di tono o annoia, conoscendo così anche le proposte e (perché no?) le critiche della minoranza?
Del nuovo gruppo dirigente del PD neanche l’ombra. Non è un buon inizio.

Presenti, invece, un paio di rappresentanti dei gruppi di minoranza, oltre a qualche indipendente.


Un cambiamento è anche una prova


La paura di ciò che non conosciamo, che appartiene a un “altrove”, sia esso un luogo, un modo di vivere, di credere, di pensare diverso dal nostro, è un sentimento naturale, che appartiene a uno spontaneo meccanismo di difesa. Crea un bisogno di agire con prudenza, circospezione, attenzione e razionalità, ma si coniuga e interagisce con altre disposizioni naturali che ci aiutano a superare la paura e il sospetto: quella curiosità che risponde a un bisogno di conoscenza e di relazione.
Di fronte a un cambiamento epocale, come quello che sta trasformando il tessuto sociale delle grandi città ma anche dei piccoli centri rendendolo più variegato e multietnico, fino ad oggi aveva prevalso un atteggiamento di prudente attenzione e, talora, di benevola accoglienza, anche dietro la spinta di una esigenza personale, familiare, aziendale. Quante famiglie hanno affidato i loro anziani a giovani donne provenienti da vari paesi, soprattutto dell’est europeo! Non abbiamo esitato ad affidare le persone più care a degli immigrati, senza pregiudizi, senza chiedere altro se non che svolgessero onestamente il compito affidato. E sulla base di questa esperienza, costruivamo anche il nostro punto di vista sull’immigrazione, conservando, i più, una storia di emigrazione nel patrimonio della propria famiglia, che ci aiutava a capire.
Ma questo assetto di civile convivenza, a cui si accompagnano spesso accoglienza, rispetto, solidarietà, è turbato, messo a rischio, e in alcune situazioni è sconvolto, da quella parte consistente del fenomeno migratorio che è dominato, organizzato e sfruttato su larga scala dalla delinquenza organizzata, mentre nel quotidiano trova la connivenza di individui che speculano sui più elementari diritti di ogni uomo. Immigrati ridotti a un degrado di vita e di lavoro, talora un vero abbrutimento, che può generare solo altro male. Qualcosa che fa male anche a noi, alla nostra
intelligenza e umanità, al bisogno di far prevalere la parte migliore della nostra persona su egoismi, pregiudizi e paure, che pure sono parte di noi.

Man mano che la recente campagna elettorale si sviluppava, il tema dell’insicurezza sociale assumeva una dimensione enorme fagocitando tutte le altre questioni. Anzi, tutti i problemi, dal lavoro, alla casa, alla salute, venivano ricondotti ad una unica matrice: l’immigrazione. Si identificava così il nemico unico, cancellando ogni distinzione, senza declinare ragionevolmente il fenomeno nelle sue varie componenti. Ed hanno vinto quanti hanno soffiato sul fuoco alimentando paura e intolleranza.
Penso che la legalità, valore fondamentale per ogni convivenza, necessiti di regole chiare e applicazione certa delle pene: sta a noi cittadini italiani chiederlo con forza alle istituzioni. Ogni altro espediente, sceriffi e ronde compresi, indeboliscono lo stato democratico e non servono che ad aumentare l’insicurezza generale.

Siamo ad un bivio: da una parte c’è la scorciatoia del far west, della guerra pubblica e privata più congeniale ai delinquenti che agli onesti; dall’altra c’è la via più lunga e difficile della legalità, della responsabilità, della costruzione senza sosta di uno stato di diritto rafforzato dallo impegno civile dei singoli.