Diciotto persone, molte delle quali completamente nuove alla politica, si sono assunte l’onere di guidare quella nuova formazione politica che si chiama Partito Democratico. Molte di queste, con tutta probabilità, il prossimo anno verranno candidate nella lista che contenderà allo schieramento avverso la guida della città. Sanno già tutto di politica amministrativa? Sono già stati informati da Sindaco e Giunta sulle linee programmatiche del triennio 2008/2010 e, naturalmente, di quelle del presente esercizio finanziario? Diamo per scontato che questo sia avvenuto. Ma non è importante ascoltare anche un dibattito, che magari qualche volta scade di tono o annoia, conoscendo così anche le proposte e (perché no?) le critiche della minoranza?
Del nuovo gruppo dirigente del PD neanche l’ombra. Non è un buon inizio.
Presenti, invece, un paio di rappresentanti dei gruppi di minoranza, oltre a qualche indipendente.
venerdì 13 giugno 2008
Il “debutto” del Partito Democratico
Un cambiamento è anche una prova
La paura di ciò che non conosciamo, che appartiene a un “altrove”, sia esso un luogo, un modo di vivere, di credere, di pensare diverso dal nostro, è un sentimento naturale, che appartiene a uno spontaneo meccanismo di difesa. Crea un bisogno di agire con prudenza, circospezione, attenzione e razionalità, ma si coniuga e interagisce con altre disposizioni naturali che ci aiutano a superare la paura e il sospetto: quella curiosità che risponde a un bisogno di conoscenza e di relazione.
Di fronte a un cambiamento epocale, come quello che sta trasformando il tessuto sociale delle grandi città ma anche dei piccoli centri rendendolo più variegato e multietnico, fino ad oggi aveva prevalso un atteggiamento di prudente attenzione e, talora, di benevola accoglienza, anche dietro la spinta di una esigenza personale, familiare, aziendale. Quante famiglie hanno affidato i loro anziani a giovani donne provenienti da vari paesi, soprattutto dell’est europeo! Non abbiamo esitato ad affidare le persone più care a degli immigrati, senza pregiudizi, senza chiedere altro se non che svolgessero onestamente il compito affidato. E sulla base di questa esperienza, costruivamo anche il nostro punto di vista sull’immigrazione, conservando, i più, una storia di emigrazione nel patrimonio della propria famiglia, che ci aiutava a capire.
Ma questo assetto di civile convivenza, a cui si accompagnano spesso accoglienza, rispetto, solidarietà, è turbato, messo a rischio, e in alcune situazioni è sconvolto, da quella parte consistente del fenomeno migratorio che è dominato, organizzato e sfruttato su larga scala dalla delinquenza organizzata, mentre nel quotidiano trova la connivenza di individui che speculano sui più elementari diritti di ogni uomo. Immigrati ridotti a un degrado di vita e di lavoro, talora un vero abbrutimento, che può generare solo altro male. Qualcosa che fa male anche a noi, alla nostra intelligenza e umanità, al bisogno di far prevalere la parte migliore della nostra persona su egoismi, pregiudizi e paure, che pure sono parte di noi.
Man mano che la recente campagna elettorale si sviluppava, il tema dell’insicurezza sociale assumeva una dimensione enorme fagocitando tutte le altre questioni. Anzi, tutti i problemi, dal lavoro, alla casa, alla salute, venivano ricondotti ad una unica matrice: l’immigrazione. Si identificava così il nemico unico, cancellando ogni distinzione, senza declinare ragionevolmente il fenomeno nelle sue varie componenti. Ed hanno vinto quanti hanno soffiato sul fuoco alimentando paura e intolleranza.
Penso che la legalità, valore fondamentale per ogni convivenza, necessiti di regole chiare e applicazione certa delle pene: sta a noi cittadini italiani chiederlo con forza alle istituzioni. Ogni altro espediente, sceriffi e ronde compresi, indeboliscono lo stato democratico e non servono che ad aumentare l’insicurezza generale.
Siamo ad un bivio: da una parte c’è la scorciatoia del far west, della guerra pubblica e privata più congeniale ai delinquenti che agli onesti; dall’altra c’è la via più lunga e difficile della legalità, della responsabilità, della costruzione senza sosta di uno stato di diritto rafforzato dallo impegno civile dei singoli.
domenica 6 aprile 2008
Se cinque anni vi sembran pochi…
Questo il tempo trascorso dalla prima proposta allo studio di fattibilità
Parafrasando una celebre canzone popolare del lavoro e della protesta, che recitava “…se otto ore vi sembran poche/ provate voi a lavorar/ e troverete la differenza fra comandare e lavorar/…, per quanto riguarda certe decisioni dell’Amministrazione Comunale si può tranquillamente dire: “Se cinque anni vi sembran pochi/ provate un poco ad accelelar/ e troverete la differenza fra comandare e amministrar/…
Apprendo, onestamente perché me lo hanno ricordato in Consiglio Comunale (seduta del 25 marzo), che nel 2003 si tenne un Consiglio Comunale e poi un’assemblea a Pianello, annunciando ai cittadini di quella frazione che si sarebbe restituito alla frazione il verde “maltolto” quando si costruì il nuovo campo sportivo. E che il nuovo impianto si sarebbe costruito in fondo alla discesa di S. M. Apparve.
E’ finito il letargo
Alle porte c’è una nuova campagna elettoraleL’idea per cinque anni è stata tenuta nel cassetto. Con l’avvicinarsi di una nuova campagna elettorale, la si è rispolverata e portata a conoscenza, ancora una volta, dei cittadini (o delle Associazioni, non si è capito bene) della sola frazione di Pianello. Con un dettaglio non trascurabile: che l’Amministrazione Comunale in quell’area vuol costruire un impianto per l’intera comunità ostrense e, fino al 18 febbraio 2008, non si era neppure preoccupata di ascoltare il parere delle Società che del calcio fanno la loro attività principale. E quella convocazione, del tutto tardiva e strumentale, è giunta dopo che sul giornalino del Comune e in Consiglio Comunale (dicembre 2007) si era sbandierata la notizia della decisione assunta definitivamente. Tardiva perché la “questione” della ristrutturazione del campo di Via Leopardi era sul tappeto da quattro mesi (vedi “La città ideale” del 22 ottobre 2007) e strumentale perché volta a bloccare una raccolta di firme tra i cittadini per sostenere quella proposta, decisa a maggioranza in una riunione di dirigenti della Società Sportiva Ostra Calcio.
Cifre sparate a caso
Ora, da parte dell’Amministrazione, si sostiene che la proposta di ristrutturare il vecchio campo di Via Leopardi sia troppo costosa: 1 milione e duecento mila euro.
A questo proposito sarebbe corretto conoscere l’autore di questo “studio di fattibilità”, corredatandolo magari dei relativi costi. Perché a me risulta, invece, che la ristrutturazione verrebbe a costare poco più della metà di quella cifra.
La delibera del 1990
La propaganda a volte combina brutti scherzi. Richiamando quella delibera si è cercato di denigrare un atto amministrativo della Giunta Mallucci. La delibera era finalizzata esclusivamente ad ottenere un finanziamento su una Legge dei mondiali del 1990. E infatti quella delibera ha portato nelle casse del Comune ben 100 milioni di contributo. Di un nuovo campo, invece, non c’era bisogno perché era stato realizzato l’anno prima e a tempo di record: cinque mesi, non dopo cinque anni di pensatoio, più (tre anni?) per l’eventuale realizzazione.
Campi di calcio e scuole
Il campus di Pianello, sostiene l’Amministrazione, verrà a costare un milione e duecentomila euro. Circa 500 mila dei quali sono stati sottratti ai fondi già stanziati per la ristrutturazione delle scuole del centro urbano. Chissà cosa ne pensano i genitori degli alunni delle nostre scuole, elementari e medie. Penseranno anche essi che quella del campus sia una priorità?
Mio nonno Neno
Mio nonno Neno mi raccontava di “una rana che ci aveva badado cinque anni pe’ saltà ‘l fosso e, quando s’ è decisa a fallo, e c’è cascada drento, ha esclamato:
“Mannaggia alla mia prescia!”.
Una città da vivere
di Giancarla Raffaeli
Una questione di non poco conto ci rende perdenti nel confronti dei nostri avi: la mancanza di un disegno di sviluppo della città (centro e frazioni) che risponda a criteri così semplici e chiari nella loro natura e definizione da essere condivisi dalla comunità intera.
Proviamo a guardare il nostro centro storico: chiese, conventi, grandi palazzi e modestissime case si suddividono certo uno spazio diversamente ampio, ma si susseguono con continuità, sembrano appoggiarsi gli uni alle altre condividendo piazze, vie, vicoli, orti, cortili, in cui la gente di ogni età e condizione si incontrava, discuteva, lavorava, giocava, faceva festa, divideva gioie e dolori. Quella parte della città è cresciuta non secondo un complicato piano regolatore, ma seguendo certamente un disegno. Lo dimostra inconfutabilmente la pianta dell’antico centro, così perfetta da assomigliare alla carena di una nave.
E’ possibile ritrovare un disegno qualsiasi nella complessa e sempre più rapida urbanizzazione degli ultimi cinquant’anni? Mi pare difficile. Eppure non è certo arduo individuare alcuni criteri su cui costruire un’idea condivisa di disegno urbanistico di qualità. Provo a segnalarne uno, semplice nella sua limpida consistenza, declinabile in una serie di scelte concrete, Penso a una città a misura dei bambini.
Si tratta di riconoscere il diritto dei bambini di vivere all’interno della propria comunità in un clima di relazioni significative, legate alla sicurezza degli spazi, ai tempi e ai ritmi di vita che sono loro congeniali. Una città dove i bambini possano via via spostarsi, in sempre maggiore autonomia, senza pericolo. Quartieri in cui non ogni metro quadrato sia cementificato come zona di traffico o area di sosta, ma in cui esistano spazi di gioco e di incontro, magari non lontano dallo sguardo di casa, Una città in cui impegno pubblico e privato interagiscano per recuperare e valorizzare spazi, strutture, impianti a favore della qualità della vita di bambini e ragazzi.
Dove si muovono bene i bambini, solitamente, vivono bene anche gli altri. “Una città da giocare” è il nome di una bella iniziativa dell’Assessorato allo Sport del Comune di Ostra: una occasione per ripensare e sperimentare lo spazio urbano come “una città da vivere”.
Il Difensore Civico
di Stefano Neri
Il difensore civico è una figura derivata dall'esperienza dell'Ombudsman dei Paesi nordeuropei; non va confuso con l'avvocato, il magistrato o il giudice di pace. E’ presente nella quasi totalità delle regioni italiane ed in molte Province e Comuni. Si tratta di un organo indipendente che opera tutelando i diritti del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, assicurando e promuovendo il pieno rispetto dei principi d’imparzialità. Il suo servizio di consulenza è totalmente gratuito.
Il difensore civico, sollecitato nella sua azione dal singolo cittadino, da gruppi di cittadini o da associazioni, interviene presso gli uffici interessati alla richiesta per avere spiegazioni sui motivi che hanno comportato ritardi, omissioni o scorrettezze, e invita entro termini perentori ad intervenire adeguatamente sia per concludere il procedimento sia per correggere eventuali errori o promuovere eventuali azioni disciplinari.
Può anche consultare documenti ed acquisire informazioni, convocare il responsabile dell'atto ed accedere agli uffici per compiere gli accertamenti necessari. L'intervento d'ufficio riguarda l'osservanza dei principi di legalità, trasparenza, buon andamento ed imparzialità, e si concretizza anche nella trasmissione di adeguate notizie sui risultati conseguiti agli uffici competenti.
A volte può capitare che
Purtroppo, nonostante fosse stato previsto nello statuto comunale sin dal 2002, ancora non era stato istituito.
Una prima richiesta scritta al Comune ha avuto come risposta la dichiarazione di non obbligatorietà della istituzione del difensore civico e della scarsa necessità dello stesso in Comuni di piccole dimensioni, dove il colloquio diretto con gli amministratori può sopperire alla mancanza.
La tenacia e l’ostinazione, che però mi caratterizzano, mi hanno portato a far presente all’Amministrazione Comunale ed ai consiglieri di maggioranza che nel loro programma elettorale era stata chiaramente promessa l’istituzione del difensore civico comunale a tutela dei cittadini. Inoltre informavo che, se non fosse più loro intenzione rispettare l’impegno assunto con gli elettori, avrei in ogni caso iniziato una raccolta firme per presentare direttamente in consiglio comunale la richiesta di istituire il difensore civico (come prevede lo statuto). Questo avrebbe provocato non pochi problemi di coerenza ai consiglieri di maggioranza, perché, votando negativamente, avrebbero espresso un voto contrario alla loro stessa proposta.
Quasi contemporaneamente, la lista di minoranza “Progetto Ostra” presentava apposita interrogazione in consiglio comunale, sollecitando l’istituzione del difensore civico, facendo notare che i Comuni di Corinaldo ed Ostra Vetere si erano dotati già da tempo di tale figura di tutela dei cittadini.
Per finire, il Coordinamento Regionale dei Difensori Civici delle Marche, inviava una lettera, a tutti i comuni inadempienti, volta a sensibilizzare gli enti locali sulla necessità di allargare la difesa civica nelle Marche, anche alla luce della sentenza che ha confermato la possibilità di un commissariamento per quei comuni che non vi provvedessero direttamente.
Sotto il tiro incrociato di questi tre soggetti, l’Amministrazione Comunale non ha potuto far altro che ritornare sui suoi passi e, nella seduta del consiglio comunale del 30 gennaio scorso, ha deliberato l’istituzione del difensore civico comunale. Dovrebbe uscire il bando pubblico e, salvo ritardi, nel giro di pochi mesi anche ad Ostra avremo questo importante servizio a disposizione.
Ho voluto rendere nota la vicenda a tutti i cittadini affinché ci si renda conto delle difficoltà incontrate per ottenere il riconoscimento di questo nostro diritto e dell’importanza di questa forma gratuita di tutela per noi cittadini.
Il difensore civico può essere visto come un ostacolo, ma solo da coloro che, nell’amministrare la cosa pubblica, non si comportano nel pieno rispetto della Legge. E’ invece una grande opportunità di crescita per la comunità ostrense, perché la sua presenza contribuirà, con il tempo, a far diminuire quei comportamenti irregolari della Pubblica Amministrazione che tale figura, proprio per la sua funzione istitutiva, ha il compito di contrastare.
Una volta nominato, in caso di necessità, dobbiamo ampiamente farne uso ed evitare che, in futuro, qualcuno cui può fare scomodo, tenti di togliercelo, magari per scarso utilizzo.
Il lavoro in rosa
di Nicoletta Principi
A quasi un mese dall’otto marzo, festa della donna, manifesto un pensiero sul quel “pianeta” di cui anch’io sono espressione, affrontando il tema del lavoro “in rosa”.
I dati emersi dall’indagine Istat dell’ultimo trimestre 2007 sul mercato del lavoro nelle Marche lasciano intuire un miglioramento della situazione del lavoro “in rosa”. In particolare, l’offerta di lavoro al femminile è incrementata del 5,1%, il tasso di occupazione in miglioramento di 2,5 punti percentuali, il tasso di disoccupazione intorno al 4,5% di due punti sotto la media nazionale.
A ciò contribuisce il crescente impegno che le diverse associazioni e categorie d’impresa stanno assumendo nella promozione di iniziative e azioni per favorire la nascita e la crescita dell’imprenditoria femminile.
Iniziative volte, in particolare, a trovare soluzioni concrete ai problemi di conciliazione dei tempi di vita familiare
con quelli di lavoro, soprattutto per le donne che si trovano a vivere le gioie della maternità.
Al fine di sostenere la flessibilità nel lavoro in rosa, facilitando l’accesso al credito,
Ricordo inoltre, che il Ministero delle Sviluppo Economico con la Legge 215/92, mette a disposizione dell’imprenditoria femminile, attraverso appositi bandi, stanziamenti sotto forma di contributi a fondo perduto, ad esempio per l’avvio di attività imprenditoriale, il rilevamento di attività preesistente, la realizzazione di progetti aziendali innovativi.
Né femminista, né maschilista, mi auguro che le donne, operaie, imprenditrici, libere professioniste, studentesse, straniere, casalinghe, inoccupate, trovino sempre maggiori certezze e supporto, perché come qualcuno cantava ”oltre le gambe c’è di più”!!.
venerdì 29 febbraio 2008
Il tetto del torrione
Campi di calcio e scuole
Al contrario, l’Amministrazione Comunale ha per mesi ignorato completamente la proposta ed insistito su un progetto che prevede la realizzazione di impianti sportivi in fondo a S. M, Apparve. Idea e progetto, naturalmente del tutto legittimi. Come legittima è, almeno io credo, la proposta di ristrutturare il vecchio campo del centro urbano. Perché anche in questa zona esiste un piccolo “campus” di impianti sportivi, che va salvaguardato: i campi da tennis e il pallone aerostatico di Via Giovanni XXIII e, adiacenti al campo sportivo, pur non essendo di proprietà del Comune, un bocciodromo coperto e un campetto polivalente.
L’idea, invece, di utilizzare il vecchio campo sportivo, in parte come area verde e come zona di giochi e svago per i ragazzi, mi appare del tutto strampalata. Non è condivisibile, inoltre, l’iter seguito dall’Amministrazione Comunale, che ha adottato in perfetta solitudine una decisione così rilevante che riguarda il presente e il futuro del calcio ad Ostra, senza pensare di coinvolgere almeno le Società che del calcio fanno la loro attività principale.
Circa venti anni fa il Comune ha acquistato, per una spesa assai rilevante per quei tempi, circa tre ettari di terra per edificare le scuole materne ed elementari delle frazioni Casine e Pianello.
E allora perché sprecare oltre tre ettari di terra per fare uno o due campi sportivi, quando per soddisfare le esigenze del calcio locale ne basta uno? E si può fare in Via Leopardi?
La proposta è questa: vendere le due scuole di Casine e Pianello e farne una nuova, naturalmente dove il Comune intende costruire i campi di calcio. Una scuola dotata di palestra, con ampi spazi di verde, dove possono trovare posto anche una pista polivalente e una pista ciclabile. E, ciò che più conta, gli alunni delle due frazioni, in costante crescita demografica, potranno finalmente fruire, in tempi ragionevoli, di scuole moderne e di spazi adeguati, come si conviene in una società civile del terzo millennio.
Il Bilancio Partecipativo e le altre forme di democrazia diretta.
Il bilancio di previsione rappresenta l'atto fondamentale per la vita di un Comune perché con esso si destinano risorse economiche ai vari settori e si esprimono le scelte di fondo di una Amministrazione Comunale.
In questi giorni i Comuni stanno predisponendo questo importante documento (il termine ultimo è il 31 marzo 2008).
Una nuova forma di partecipazione diretta dei cittadini alla vita della propria città è rappresentata dal Bilancio Partecipativo.
L'esperienza più celebre di bilancio partecipativo si è avuta a Porto Alegre (Brasile), città di 1,3 milioni di abitanti. Tale esperienza ha avuto inizio nel 1989. Il fine era quello di permettere ai cittadini di partecipare attivamente allo sviluppo ed all’elaborazione della politica municipale.
I cittadini sono invitati a precisare i loro bisogni e a stabilire delle priorità in vari campi o settori (ambiente, educazione, salute...). A questo si aggiunge una partecipazione complementare organizzata su base tematica attraverso il coinvolgimento di categorie professionali o lavorative (sindacati, imprenditori, studenti..). Ciò permette di avere una visione più completa della città.
Il Comune, che partecipa con un suo rappresentante agli incontri, ha il compito di fornire le informazioni tecniche, legali e finanziarie.
Il Bilancio, che viene alla fine approvato dal Consiglio Comunale, dovrebbe tener conto delle indicazioni e delle priorità scaturite nei diversi incontri con i cittadini.Nel corso dell'anno, attraverso apposite riunioni, la cittadinanza valuta la realizzazione dei lavori e dei servizi decisi nel bilancio partecipativo dell'anno precedente.
In Italia, il Bilancio Partecipativo ha visto una certa diffusione, soprattutto nei Comuni dell'Italia centrale, dalla fine degli anni ‘90.
Nel nostro Comune sembra sia stato fatto un modesto tentativo di sperimentare la pratica del Bilancio Partecipativo alcuni anni fa, a cui non si è più dato seguito.
Prima della stesura definitiva del bilancio di previsione, sarebbe invece interessante per noi cittadini poter partecipare ad incontri pubblici nei quali venga spiegato quali sono le risorse a disposizione, i criteri con cui vengono destinate ai vari settori, le scelte di fondo dell’Amministrazione Comunale ecc…. .
La lista civica da cui è nata l’attuale Amministrazione Comunale, nel suo programma elettorale, si era impegnata a promuovere e garantire la partecipazione attiva dei cittadini alla vita pubblica della Comunità attraverso un costante confronto con le diverse espressioni della società civile; ad organizzare incontri pubblici da tenersi periodicamente sul territorio; ad istituire commissioni aperte al contributo dei Cittadini, raccordate con l’assessore di competenza e la giunta; a ricercare il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte di bilancio.
Purtroppo, a distanza di quattro anni, l’Amministrazione Comunale non ha ancora messo in pratica gli impegni sopra citati. I pochi incontri pubblici hanno avuto carattere saltuario (non periodico) e si sono andati progressivamente diradando con il passare del tempo.
Da diversi anni a questa parte, la redazione del bilancio è oramai demandata ad un ristretto numero di persone (giunta comunale) senza che i cittadini possano avere alcuna possibilità di conoscerne almeno le linee di indirizzo, se non dopo che il bilancio di previsione è stato approvato.
Credo che un maggior coinvolgimento dei cittadini nelle più importanti scelte dell’Amministrazione Comunale non possa che giovare alla nostra città.Ritengo pertanto che sia un dovere della nostra Amministrazione Comunale mantenere gli impegni assunti in campagna elettorale e dare ampio spazio a forme di democrazia diretta che favoriscano il coinvolgimento della cittadinanza. L’Amministrazione è già stata sollecitata in tal senso. Non ci resta che attendere e sperare nel buon senso dei nostri amministratori.
Riflessioni ad alta voce
E’ stata una piacevole sorpresa constatare che la gente ha iniziato a considerare questo foglio come un appuntamento mensile, nel quale leggere di questioni più o meno note, trovare conferma o smentita di proprie idee, spunti per riflettere.
Sempre più voci si sono espresse nel foglio alimentando i temi oggetto di possibili discussioni e stimolando il contraddittorio.
Pochi invece sono stati i riscontri di coloro a cui spesso ci si è rivolti per chiedere spiegazioni, o per riferire di problematiche da tempo irrisolte. Al riguardo, credo che il confronto e il dialogo siano ancora oggi i mezzi più democratici per dare riscontro alla voce dei cittadini, così come la disponibilità ad ascoltare le richieste, anche quelle che possono sembrare meno importanti, sia un punto qualificante per l’amministrazione del paese.
Ai miei coetanei vorrei chiedere di provare a pensare al posto in cui vivono, a come lo vorrebbero, o anche solo a raccontare una loro esperienza che possa poi diventare patrimonio comune.
Inoltre, a chi ritiene che non serva a nulla parlare, che tanto alla fine sono i fatti a “contare”, mi viene da rispondere che nessuna azione dovrebbe essere intrapresa senza un preventivo ragionamento o discussione e che, se questa fosse la regola, molti dei fatti “sciagurati” si sarebbero evitati.
Mi auguro che queste brevi riflessioni siano uno stimolo alla partecipazione alla “Città Ideale”.
Una piccola bussola
La campagna elettorale, che prelude alle prossime elezioni politiche, ci riserva indubbiamente alcune novità importanti: un panorama meno frastagliato di partiti e movimenti e un dibattito meno astioso, almeno nei toni. Ci auguriamo che tutto questo serva a far capire meglio i contenuti dei vari messaggi, sottraendoli appunto alla gazzarra e al rumore.
Registriamo nei discorsi una preoccupazione diffusa, quella di far apparire ciò che si propone (idee e uomini): “nuovo”, “moderno”, “giovane”. Io aggiungerei che non meno importanti sono gli attributi “chiaro” e “onesto”.
Chiarezza e onestà: i due termini si trovano in una relazione di reciprocità Indissolubile. E al di là di tutti gli artifici retorici, di cui è spesso intessuto il linguaggio politico, sono parole poco addomesticabili.
La chiarezza non ha nulla a che fare con la ripetitività dei discorsi, con gli slogan: dipende dalla limpida onestà degli intenti. L’onestà si sposa con uno sguardo sereno sui bisogni fondamentali della comunità nazionale (non sugli interessi di parte), sulla chiara determinazione delle risorse, sulla responsabilità rispetto alle scelte ed ai risultati.
Nel processo o nel tentativo di apparentamento, si è messa in atto una semplificazione che ha lasciato fuori di una piattaforma programmatica essenziale, questioni che sono riemerse subito come nodi al pettine o che emergeranno come problemi di governo (soprattutto nel centro-sinistra): il rapporto tra etica religiosa e politica, tra sviluppo e diritti del lavoro, tra Europa unita ed Europa dei nazionalismi, tra scuola di formazione- cultura e scuola di competizione.
Nel processo di semplificazione e polarizzazione in atto c’è un tentativo di schiacciamento, non dei gruppi costituiti da singole personalità (che si sistemeranno presto), ma di forze consistenti, per storia e rappresentanza, che debbono invece trovare spazio nel più ampio consesso della nostra Repubblica Parlamentare.Nella Babele dei linguaggi, che persiste anche grazie alla risonanza mediatica, esiste, a mio avviso, una buona bussola di orientamento in cui l’ago magnetico punti sempre a una stella polare, quella della nostra onestà e dell’altrui chiarezza.
venerdì 1 febbraio 2008
Un impegno sempre più ampio
Secondo noi il dibattito delle idee, soprattutto di quelle che partono da differenti punti di vista, rappresenta un’esigenza imprescindibile, specie nella società odierna. Ma, altrettanto certi che la concretezza dei problemi e l’analisi dei fattori siano il punto di partenza per costruire ragionamenti e proposte, abbiamo voluto non eludere le questioni concrete, anzi “metterle in piazza”. Abbiamo inteso portare su un terreno visibile e di più ampio confronto problemi che molti segnalano nel parlare quotidiano. Abbiamo così sollecitato lettori e fruitori del web ad esprimere un parere sulla proposta di ristrutturare il campo sportivo di Via Leopardi per farne una struttura sportiva al servizio del calcio locale. Che non vuol dire soltanto squadra del campionato maggiore, ma comprende anche le squadre giovanili e la bella realtà della scuola calcio, il calcio a 5, le partite amatoriali tra amici.Abbiamo riaperto il discorso sulla necessità di riacquisire, ristrutturare e utilizzare un gioiello storico-architettonico come Palazzo Censi. Abbiamo sollecitato la riapertura della Biblioteca Comunale, chiusa per lavori da troppi anni.
Abbiamo trattato questioni che afferiscono a un obiettivo generale di sistemazione e valorizzazione dell’intero centro storico e della qualità della vita che è possibile migliorare con vari interventi, compresa una più corretta viabilità, nel segno di una percezione realistica delle esigenze.Vorremmo parlare di più di analoghi o differenti problemi di vita nelle frazioni e contiamo di poterlo fare anche tramite attivi collaboratori di questo foglio. E infatti registriamo con grande soddisfazione sempre nuove adesioni, che aggiungono temi, esperienze, idee, proposte.
Gli interventi sul blog, soprattutto da parte di giovani, confermano che i cittadini vogliono essere interpellati sulle questioni che riguardano la vita cittadina e soprattutto desiderano essere informati e partecipare alle decisioni.
Un tempo erano i partiti a organizzare la ret e della informazione e della partecipazione di base. Oggi i cittadini contano per lo più come bottino elettorale da scaricare a operazioni di voto concluse, a meno che non si tratti di clienti o signorsì.
Sarebbe troppo facile a questo punto segnare a dito il triste spettacolo offerto dalla politica in questi giorni. Non lo faremo perché ci piace indicare piuttosto la possibilità di una reazione vigile, positiva. Il contesto politico-amministrativo locale è un primo, fondamentale spazio di tirocinio per esercitare i nostri diritti-doveri civili, elementari come la richiesta di essere informati per capire meglio i termini dei problemi aperti, l’entità delle risorse disponibili, la qualità del processo da mettere in atto per giungere alla migliore soluzione possibile.
Problemi importanti, ancora irrisolti, come quello delle scuole (centro e frazioni), dei beni culturali, degli edifici da ristrutturare anche a scopo abitativo, della viabilità cittadina (non solo degli autoveicoli), degli impianti sportivi comportano decisioni che non possono essere elaborate ed assunte unilateralmente nel chiuso della Giunta, senza coinvolgere nelle varie fasi il Consiglio Comunale, senza informazione e partecipazione democratica.
I nuovi diritti del cittadino digitale
di Stefano Neri
Internet, le reti telematiche e i sistemi informatici hanno cambiato il nostro modo di lavorare, di studiare, di informarci e, in generale, il nostro stile di via. Dovunque ci rechiamo troviamo un computer: in qualunque ufficio o negozio, dal medico, a scuola. La maggior parte delle famiglie italiane oggi possiede in casa un computer (oltre il 58 %).
Questa “innovazione digitale” è entrata a pieno ritmo anche nella Pubblica Amministrazione. Per svolgere pratiche è sempre meno necessaria la presenza fisica delle persone agli sportelli. I cittadini e gli uffici pubblici utilizzano nuovi canali per comunicare tra loro: internet, posta elettronica e reti.
Per regolamentare questo nuovo modo di operare, dal 1° gennaio 2006 è entrato in vigore il “Codice della Pubblica Amministrazione digitale” (Decreto Legislativo n. 82 del 7.3.2005), che sancisce i principi fondamentali e definisce i nuovi diritti che ne scaturiscono per i cittadini.
Per poterli esercitare è però necessario conoscerli.
Alcuni di questi nuovi diritti sono:
1) Il diritto a richiedere e ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con gli uffici pubblici e con i gestori di servizi statali. I cittadini non sono obbligati a recarsi presso gli sportelli per presentare documenti, ma devono essere accettate le comunicazioni inviate tramite posta elettronica.
2) Il diritto ad accedere con le moderne tecnologie informatiche agli atti pubblici che li riguardano. Le amministrazioni dello Stato devono pertanto rendere disponibili in formato digitale documenti, atti e procedimenti affinché gli interessati possano consultarli.
3) il diritto a ricevere qualsiasi comunica- zione pubblica per e.mail all’indirizzo di posta elettronica comunicato.
4) Il diritto a servizi pubblici di qualità. Pertanto le amministrazioni dello Stato devono organizzarsi per fare in modo che i loro servizi soddisfino pienamente i cittadini. Inoltre devono periodicamente verificare il livello qualitativo dei loro servizi e la misura della soddisfazione dei cittadini.
5) Il diritto a trovare in Rete tutti i moduli e i formulari rilevanti per qualsiasi pratica verso le pubbliche amministrazioni.
6) Il diritto per i disabili ad usufruire delle opportunità derivanti dall’uso degli strumenti informatici. Tutte le amministrazioni pubbliche si impegnano ad abbattere qualsiasi barriera digitale e a rendere accessibili tutti i servizi offerti ai cittadini.
Tutti noi cittadini siamo già titolari di questi diritti che valgono anche nei confronti del nostro Comune.
Purtroppo, a distanza di due anni dall’entrata in vigore, sembra che l’Amministrazione Comunale sia un poco in ritardo nell’ applicazione della Legge.
Nello scambio di corrispondenza si continua ancora a privilegiare l’uso della carta, nonostante l’introduzione della “firma digitale” e della “posta elettronica certificata”. Tra l’altro si potrebbe risparmiare notevolmente sul consumo di carta e sulle spese postali, che nell’anno 2006 sono state circa 19 mila euro.
Si auspica che vi vengano pubblicati tutti i regolamenti, le tariffe comunali, i verbali delle delibere di giunta e di consiglio, le ordinanze sindacali e le delibere dei responsabili dei vari settori, la modulistica in vigore ed anche tutta una serie di informazioni utili ai cittadini sui servizi a loro disposizione.
Per dare al cittadino la possibilità di consultare con le moderne tecnologie informatiche gli atti e i documenti pubblici, il nuovo sito dovrebbe ospitare una sorta di “albo pretorio on line” nel quale sia reso disponibile in formato digitale tutto ciò che generalmente è affisso in forma cartacea nel tradizionale albo pretorio.
Si tratta di una Carta Nazionale dei Servizi, emessa dalla Regione Marche, che ci consentirà di utilizzare i vari servizi “on line” messi a disposizione dalla Pubblica Amministrazione (compresi quelli che attiverà il nostro Comune) e di utilizzare
Per mettere in pratica questa importante legge è necessario, da parte di chi amministra il nostro Comune, un forte impegno culturale, per cambiare i tradizionali modi di operare e offrire così a tutti i cittadini migliori e maggiori opportunità.
Tutti noi cittadini dobbiamo invece prendere coscienza di questi nuovi diritti ed imparare a farli valere.
Le meraviglie di Ostra: un privilegio per pochi
di Marco Albani
La breve esperienza di lavoro e formazione sinora vissuta presso l’Ufficio Turistico di Ostra come volontario di servizio civile mi ha permesso di cogliere determinati aspetti del vivere cittadino a cui precedentemente non avevo prestato attenzione. Primo fra tutti, la notevole affluenza turistica che caratterizza il nostro paese. I numeri parlano chiaro: nel 2007 più di 1200 turisti da ogni parte d’Italia, d’Europa (in particolare Germania, Inghilterra, Francia, Olanda, Spagna) e del mondo (America, Australia) si sono concessi una visita all’interno delle mura cittadine, lungo le vie principali e attraverso i vicoli e i viottoli meno conosciuti.
Purtroppo però, eccezion fatta per alcune chiese (San Francesco, SS Crocifisso e Santa Croce) e per il Teatro Comunale “
Avete mai visto i pregevoli stucchi che impreziosiscono le pareti interne di Palazzo Cherubini? Avete mai apprezzato i dipinti di Palazzo Luzi-Fedeli-Gabuzi? Eravate a conoscenza che la chiesa di San Rocco conserva opere di Giacinto Brandi e Pietro da Cortona oltre ad un organo di Gaetano Callido risalente al 1771?
Credo che soltanto pochi cittadini ostrensi (ma sicuramente nessuno degli oltre 1200 turisti sopraccitati) potrebbero rispondere in maniera affermativa.
E’ inoltre assolutamente inutile diffondere dépliant informativi in cui viene scritto, ad esempio, che “…Palazzo Menchetti (nella foto) conserva al suo interno arredi d’epoca e pregevoli dipinti…” se poi nessuno ha la possibilità di ammirarli.
Il turista non può altro che rimanere deluso e insoddisfatto, innescando un passaparola negativo nei confronti degli amici, dei colleghi e dei conoscenti. Il risultato è quindi una diminuzione del numero dei visitatori: non a caso, rispetto al 2006, l’affluenza turistica si è ridotta addirittura del 7%.
Non è difficile prevedere che, nei prossimi anni, tale andamento continuerà a persistere, soprattutto se l’Amministrazione Comunale non deciderà di attuare strategie volte a valorizzare il ricco patrimonio artistico e culturale di Ostra.
Mi permetto di suggerire un paio di accorgimenti:
imporre alle famiglie proprietarie dei palazzi signorili il rispetto della legge n° 1089/39 (meglio conosciuta come legge Bottai e oggi confluita nel testo unico del decreto legislativo n° 490/99) secondo cui è fatto obbligo ai privati proprietari di cose immobili, collezioni e serie di eccezionale interesse di ammettere a visitare per scopi culturali le cose, le collezioni e le serie stesse, con le modalità da stabilirsi caso per caso, inteso il proprietario;
destinare annualmente una parte delle risorse economiche alla ristrutturazione graduale di tutte le chiese ed edifici caduti ormai in rovina e in disuso.
Il turismo è alla base dello sviluppo di una città; se ci sono turisti, le strutture ricettive (hotel, bed & breakfast, agriturismi) funzionano, i produttori e rivenditori di prodotti tipici hanno dei guadagni e tutta l’economia cittadina non può altro che ricavarne indubbi benefici. Ecco perché la mia città ideale dovrebbe possedere un itinerario turistico concreto (e non soltanto scritto sulla carta), dovrebbe essere conosciuta, rinomata e dovrebbe onorare al meglio ciò che la storia le ha lasciato in custodia e ricordi.
Giovani e anziani
Circa un anno fa, su queste colonne, abbiamo sollevato il problema della mancanza di uno spazio verde per i ragazzi di Ostra e dintorni. E l’utilizzo di quel campetto adiacente alla Casa di Riposo, pensavamo (pensiamo) fosse una soluzione giusta e praticabile.
Avevamo suggerito, con molta serenità, una via da seguire tra
Appunto persone, alle quali - pur con i problemi dovuti all’età e non solo - pensiamo, possano far piacere, due|tre volte la settimana, per un paio di ore, l’allegria e il gioco di ragazzi.
Leggiamo spesso sulle pagine di quotidiani locali di feste organizzate da gruppi di animatori, di volontari, di ragazzi delle scuole, in particolari momenti dell’anno (Natale, Epifania, compleanni). Feste alle quali si dà giustamente un grande valore, perché unanimemente si ritiene che possano far bene ai giovani e agli anziani.
E se queste “feste”, anziché saltuarie, sporadiche, occasionali, diventassero momenti di incontro più frequenti, cosa succederebbe? Niente di male, a nostro parere, perché ne potrebbe nascere una relazione di conoscenza, perfino di amicizia. Aspetto importante specialmente oggi che il nucleo unifamiliare non comprende spesso gli anziani, com’è sicuramente il caso degli ospiti della Casa di Riposo.
Se non chiediamo troppo, aspettiamo, con assoluto rispetto delle altrui decisioni, una cortese risposta.
mercoledì 23 gennaio 2008
Una riflessione ad alta voce
di Flaviano Franceschetti
Io che non ho mai capito i meccanismi della politica, ho sempre cercato di ragionare secondo le mie idee in maniera logica e soprattutto in senso propositivo. Ma quando poi vengono meno le aspettative nei confronti di coloro che sono nostri rappresentanti, mi sento autorizzato a fare una riflessione ad alta voce e a domandarmi perché questo avviene, senza che le mie parole siano considerate una semplice critica e tanto meno un attacco.
Si possono portare vari esempi sulle cose che sono andate diversamente da come avrei voluto. Penso al fallimento del Coordinamento tra i vari gruppi che sostengono la maggioranza in Comune, al fallimento dei gruppi di lavoro che avrebbero dovuto approfondire i problemi e favorire la partecipazione, alla mancanza quasi assoluta di comunicazione tra chi amministra e i cittadini.
La conseguenza è stata che ogni gruppo ha lavorato isolatamente, ha espresso in modo autonomo le sue idee e proposte senza condividerle, arrivando perfino a esprimere valutazioni contrarie a quelle degli altri. L’altra conseguenza è stata quella di non capire più le vere intenzioni di chi avanza una proposta diversa.
Per esempio mi domando:
Perché non si possono ricordare i punti più importanti del programma elettorale non ancora affrontati?
Perché non si può avere un’idea diversa per risolvere il problema degli edifici scolastici?
Perché non si può avere una visione alternativa per risolvere il disagio creato dalla carenza di impianti sportivi che molti lamentano?
Perché insomma non si può intervenire sui problemi aperti senza che questo venga considerato come un attacco all’Amministrazione?
Mi viene da pensare che non c’è sufficiente democrazia (e non credo). Penso invece che si tende a strumentalizzare i discorsi, perdendo il senso del dialogo, della partecipazione, e che non si sta più in mezzo ai cittadini, che non si vuole ascoltare la loro voce, informare, spiegare.
Non bisogna avere paura delle proposte critiche, perché più punti di vista su un problema aiutano a inquadrarlo meglio.
E’ questo che spero si possa ancora fare con i gruppi, politici e non, che si riconoscono nella stessa area ed hanno a cuore il bene del nostro Comune
Il Centro delle diverse abilità
Chissà quanti sono gli ostrensi che conoscono “
Io ne sono venuta a conoscenza qualche anno fa tramite esperienza indiretta e ne sono rimasta colpita.
In località San Gregorio, nell’aperta campagna, dal 2001 è operativo il Centro socio-educativo “
In altri termini, il Centro consente ai diversamente abili, che vi partecipano, di intraprendere un percorso di crescita che li aiuta a sviluppare le capacità relazionali e pratiche e li prepara ad un eventuale inserimento nel mondo del lavoro.
Gli operatori insegnano a vivere il quotidiano, a coltivare la terra, a curare piante e fiori, a realizzare manufatti artigianali, ad avere cura della casa, con regole precise da rispettare e con prove settimanali che da un lato consentono di testare i risultati raggiunti e dall’altro forniscono un ulteriore stimolo per i ragazzi che affrontano le prove della vita.
Se per i ragazzi il Centro è una opportunità, per le famiglie dei diversamente abili rappresenta un punto di riferimento, una guida alla crescita e alla formazione dei loro parenti, una condivisione delle quotidiane difficoltà
Molte sono le persone, soprattutto nella frazione di Pianello, che volontariamente contribuiscono allo sviluppo e al mantenimento del centro educativo.“
Le educatrici e gli ospiti del Centro: Ilenia, Noa, Marco, Betta, Maria Grazia, Elisa, Claudio, Liana
Auguarano ai cittadini di Ostra
Buon Natale
e
Felice Anno Nuovo
La Sinistra Arcobaleno La Stampa e la TV
La nascita della Sinistra Arcobaleno non ha fatto notizia.
Relegata nelle pagine interne dei quotidiani nazionali, tra le malinconiche notizie di cronaca, nera, rosa e del gossip della politica, è passata pressoché inosservata la notizia dell’assemblea degli Stati Generali della Sinistra italiana, svoltasi a Roma nei giorni 8 e 9 dicembre.
Eppure si tratta, dopo la costituzione del Partito Democratico, che ha richiesto anni di appassionate discussioni, di un avvenimento importante della politica italiana. Innanzitutto perché
Quattro partiti hanno dichiarato di volersi sciogliere per presentarsi uniti alle prossime elezioni sotto un unico simbolo.
Anche se è solo l’inizio di un processo, non sembra un impegno di poco conto. Non mancheranno, ne siamo certi, battute d’arresto e difficoltà. Ora, però, che la marcia è cominciata, sarà più difficile tornare indietro. Anche perché in tanti sono consapevoli che, dopo decenni e decenni di divisioni, o si va avanti uniti o si va tutti a casa. In caso di fallimento di questo processo, la sinistra, almeno questa sinistra, avrebbe definitivamente chiuso, in Italia, il conto con la storia.
“Una nuova nascita, una sinistra che non sia il riassunto di ciò che fummo, ma capace di ospitare domande di libertà, di leggere nel cuore della società…”. E ancora: “Una sinistra plurale, laica, ambientalista, femminista e di governo…”. Questo, in sintesi, il senso dichiarato di una sinistra unitaria capace di guardare avanti. La svolta non può essere soltanto quella di aver tolto dal simbolo falce e martello ed anche la parola “comunista”.
Forse non basta ancora. Ma come inizio può essere considerato incoraggiante.
“SIAMO ALLA COMICHE FINALI”
C’eravamo tanto amati…
Oggi, però, da una parte e dall’altra, esplode un incontenibile risentimento. E volano gli “stracci”: Fini attacca Berlusconi. Il Cavaliere risponde.
Fini dice che AN non si scioglierà per aderire ad un indistinto “Partito del popolo delle Libertà”, del quale non sono dichiarati valori, programma, classe dirigente.
Tema dello scontro non è solo il partito unico che Berlusconi vuole, chiedendo agli altri di sciogliersi. Ma anche la legge elettorale, il cosiddetto “Vassallum”, che Fini non esita a definire “Legge truffa”, perché consentirebbe ai due partiti maggiori di raccogliere un numero di parlamentari molto più alto dei consensi elettorali ottenuti.
Tutto nasce da quell’accordo Veltroni-Berlusconi sulla nuova legge elettorale che supererebbe non solo l’attuale indifendibile assetto partitico, fatto di troppe sigle e di esasperata frammentazione, ma introdurrebbe una sorta di bipartitismo, con i piccoli a far da cornice a due supposti “giganti”.
I quali, però, stando anche alle statistiche più ottimistiche e di parte, non supererebbero il 30%.
Di qui l’accusa di Fini, e non solo, di truffa ad una legge che sembra ritagliata su misura per i due nuovi partiti.Il duello continua e il “teatrino” della politica (Berlusconi docet) è solo al primo atto, con il Cavaliere che cerca di calarsi in tutte le parti: autore,regista e protagonista.
“La fabbrica dei ragazzi”
Così veniva chiamata familiarmente l’acciaieria Thyssen-Krupp di Torino per la caratteristica di avere una manodopera giovane. Infatti avevano un’età tra i 26 e i 43 anni: Roberto Scola, Alberto Schiavone, Angelo Laurino, Bruno Santino, gli operai che sono morti nel rogo divampato nel reparto trattamento termico dello stabilimento. A loro si è aggiunto purtroppo Rocco Marzio, 54 anni, capo reparto.
Gli operai del turno di notte hanno cercato di domare l’incendio, ma sono stati investiti da una fiammata che li ha trasformati in torce umane.
Un minuto di silenzio al Teatro Alla Scala di Milano, dove il pubblico in lustrini e smoking, rigorosamente d’alta moda, ha pagato fino a 2.400 euro un biglietto; un minuto di silenzio nei luoghi istituzionali, nelle assemblee di partito; certo una partecipazione più profonda al dolore nei luoghi di lavoro. Soprattutto una fascia nera al braccio, in segno di un lutto, che dovremmo portare tutti come cittadini italiani. Dentro quel minuto o quell’ora, il sentimento dovrebbe tradursi in pensiero, riflessione, iniziativa.
La morte nella “ fabbrica dei ragazzi” si carica di significati tragicamente reali e allo stesso tempo drammaticamente simbolici. Contiene tutte le inefficienze, le carenze, i limiti che caratterizzano una parte del mondo del lavoro, a partire da quello giovanile, ma rappresenta in generale una idea e una realtà del lavoro che non ci piace. C’è dentro innanzitutto la “precarietà”: l’acciaieria era in via di smantellamento e chi vi lavorava, pur lamentando l’inadeguatezza delle misure e dei mezzi di sicurezza, temeva soprattutto lo spettro del licenziamento, come accade anche oggi che la fabbrica è stata chiusa per i necessari accertamenti. E questo richiama la dimensione globale del mercato: spinte a inseguire alti livelli di competitività, che vuol dire produttività al minor costo, le aziende mirano a diventare giganti nel mercato trascurando la dimensione umana del lavoro su cui hanno costruito la loro fortuna.
Anche nel contesto particolare del modello marchigiano, la delocalizzazione, cioè l’apertura o il trasferimento dell’azienda in paesi in cui il lavoro costa meno, comincia ad essere un processo quasi naturale, favorito magari da un passaggio di proprietà dal piccolo imprenditore alla multinazionale, il colosso di cui si possono scorgere solo i - pur minacciosi - piedi d’argilla.
Oppure, al livello più basso di cultura del lavoro e responsabilità sociale, risulta più conveniente rimanere nel territorio del sommerso, dell’illegale, del lavoro nero, dove si muore in modo anonimo, senza neppure il diritto al compianto.
I giovani operai di Torino ricordano ora tutto questo alle nostre coscienze sopite. Ogni battaglia, ogni denuncia, ogni azione combattuta per la dignità del lavoro sembrano appartenere a vecchie ideologie, a comportamenti che non hanno più nulla a che fare con i tempi in cui viviamo. Siano pure nuove, moderne, al passo con i tempi le strade e le forme che adotteremo per garantire meglio la sicurezza e la dignità del lavoro. Nessuno però si sottragga ora alle sue responsabilità di imprenditore, politico, sindacalista, lavoratore, cittadino, uomo, perché il problema riguarda tutta intera la nostra società, mentre coinvolge valori, scelte e comportamenti di ciascuno di noi.
Parliamo di responsabilità collettive e individuali perché in questi giorni abbiamo sentito ciascuno indicare tutt’al più le responsabilità degli altri, mai le proprie.